18.11.2014

Il pane nero di Castelvetrano

Lo scorso fine settimana siamo stati a Palermo in occasione del primo trofeo IRONSWIM, tenutosi presso la piscina comunale. Durante tale evento, si è svolto un convegno su alimentazione ed integrazione sportiva, al quale ho partecipato in qualità di relatrice insieme al dott. Ewan Thomas.
Con l’occasione abbiamo visitato questa splendida città alla scoperta dei piatti tipici locali che, come immaginerete sono tanti e veramente buoni.
Sicuramente avrò modo di farvi “sentire” nei prossimi appuntamenti il gusto provato nella degustazione di pietanze come il macco, la degustazione di ceci, la pasta (“margerite”) all’anciova, la pizza con grano bidì ed il pesce nelle tante espressioni presentateci. In questo nostro incontro però vi racconterò del prodotto che più degli altri mi ha colpita, ovvero il pane nero di Castelvetrano.

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Credetemi questo pane è straordinario per consistenza, fragranza e sapore e per questo vorrei incuriosirvi raccontandovi qualcosa di questo nostro prodotto d’eccellenza.Il nome pane nero è dovuto alla presenza della farina di Tumminìa, popolazione di grano a ciclo breve dalle cariossidi scure e cristalline, ricche del tipico sapore sfumato di dolce. Sembra che la farina fosse coltivata con il nome di Trimeniaios già dai coloni greci insidiatesi appunto nella vicina città di Selinunte nel 650 a.c..

La forma classica del pane nero di Castelvetrano  è la “vastedda” (forma tonda), Il colore è nero come il caffè tostato, rilucente di sesamo; la mollica è morbida, spugnosa, dal colore giallo grano; il sapore è dolce e gustoso, con profumi intensi di sapore antico ed un particolare aroma di tostato.
L’antico sistema di lavorazione prevede l’utilizzo di una miscela di semole di grano duro ottenuta da grano biondo duro siciliano semintegrale (80%) e da un’antichissima popolazione di frumento locale, la Tumminìa o Timilia (20%), macinate in molini a pietra naturale. Altri ingredienti sono l’acqua, il lievito rigorosamente naturale ed il sale marino di Trapani.
Più specificatamente, relativamente alla produzione di questo pane ho appreso che i panificatori di Castelvetrano ancora oggi lavorano la miscela in modo tradizionale in quanto l’impasto viene messo a riposare per almeno due ore (dipende dalla temperatura esterna) al termine delle quali si passa alla spezzettatura della massa ed alla modellatura in forme rotondeggianti, viene fatto ulteriormente riposare coperto. La cottura avviene poi nei tradizionali forni ammattonati a pietra naturale a conduzione diretta, riscaldati fino a 300 gradi. A fiamma spenta il forno viene ripulito con una scopa di palma nana locale (la curina) e, quindi, infornato il pane che cuoce per circa 60 minuti, pertanto senza fuoco diretto ed a temperatura calante.
Il pane nero si degusta e si apprezza (soprattutto se appena sfornato) anche da solo, ovviamente un buon olio extra vergine di oliva ne esalta la prelibatezza per una bruschetta veramente speciale.

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Se vi capitasse di trovarlo vi consiglio di provarlo e di prenderne una bella “vastedda” che potrà essere consumata anche nell’arco di una settimana durante la quale si realizza un ottimo affinamento qualitativo che lo rende ancor più gradevole in quanto il lievito naturale “lu crescenti” conferisce al pane, oltre alla compattezza, struttura e profumi vari, la possibilità di una lunga conservazione.

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